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E' dovuto il premio per il rinvenimento di un bene archeologico tramite il web?

  • avvdafnecrea
  • 27 ago
  • Tempo di lettura: 3 min

" Il patrimonio culturale, in quanto testimonianza avente valore di civiltà, appartiene alla collettività, e deve pertanto essere oggetto non solo di conservazione passiva, ma di valorizzazione attiva. Il bene archeologico non è soltanto un oggetto da tutelare, ma una risorsa culturale la cui emersione è condizione necessaria per la costruzione della memoria storica pubblica. La funzione del premio di rinvenimento va pertanto letta nella prospettiva di un'alleanza funzionale tra il cittadino e lo Stato, dove l'iniziativa individuale contribuisce all'arricchimento del patrimonio comune. In tale prospettiva, il premio assume natura incentivante e non risarcitoria: esso rappresenta un riconoscimento per la condotta spontanea di collaborazione, senza che sia necessario ( ove, come nella specie, impossibile ) il possesso fisico del bene. "

Questo è quanto è stato sentenziato recentemente dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana con riferimento al rinvenimento fortuito di una "lekane " (vaso in uso nell'antica grecia e nelle colonie, decorato con figure femminili e motivi policromi) da parte di un cittadino nel corso della navigazione all'interno di un noto sito di aste online.

L'ingegner G.R.B. rendendosi conto che il bene avrebbe potuto " appartenere al patrimonio archeologico nazionale ", era " verosimilmente di provenienza illecita " ed era stato messo all'asta, aveva immediatamente attivato le autorità.

Grazie alla sua segnalazione, il bene non solo era stato recuperato, ma esposto al pubblico nel Museo Archeologico Regionale di Centuripe.

Nonostante questo, la sovrintendenza non voleva riconoscere all' ingegner G.R.B. alcun premio, sulla base della lettura dell'art. 90 del codice dei beni culturali che spiega come e quando sia possibile ottenere il premio per il recupero di un bene archeologico.

Proprio con riferimento alla possibilità di ottenimento del premio, si riteneva che ciò potesse avvenire solo nel caso in cui con il rinvenimento ve ne fosse il possesso fisico; qui la particolarità della questione era proprio data dal fatto che il rinvenimento non era mai fisicamente avvenuto.

Sul punto, con sentenza 532/2025 il C.G.A.R.S. riflette sull'evoluzione della tecnologia e sulla serendipità

" è dunque la rete, per certi versi nuova dimensione della vita umana, il contesto in cui si è prodotta una scoperta fortuita nel senso più pieno, imprevista, non programmata e dirompente nel suo effetto. La " civiltà digitale " ha aperto nuove vie di rinvenimento, che si snodano tra le interfacce del web, su banche dati, mercati digitali e archivi visivi; negare la qualifica di rinvenimento a chi individua un bene archeologico nella rete significa tradire la funzione stessa della norma, svuotarla del suo potenziale incentivante e ignorare che il patrimonio culturale del presente si difende e si scopre anche con la vigilanza consapevole del cittadino digitale."

La sentenza con una motivazione di cui si consiglia vivamente la lettura, riconosce come ormai i rinvenimenti possano avvenire in mille modi distinti, senza che di fatto vi sia un possesso fisico.

" Nell'epoca in cui viviamo, il patrimonio culturale italiano non si trova soltanto nei musei, nei siti archeologici, nei fondali marini, ma è anche disperso, conteso, trafficato e talvolta ritrovato sulle autostrade invisibili della rete, in luoghi che, pur essendo fisicamente lontani, appartengono moralmente e giuridicamente alla sfera di protezione del nostro ordinamento."

Il C.G.A.R.S. sottolinea che è il mettersi in gioco per permettere il recupero di beni di valore archeologico, anche se mai toccati con mano, ad essere l'essenza stessa di quanto contenuto nell'art. 90 del codice dei beni culturali.

Ed è proprio sulla base ed in forza di queste ragioni che il premio per il rinvenimento viene infine riconosciuto all'ingegner G.R.B.

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